La serie di Lenin nasce come una raccolta di documenti che coincidevano con mia la pratica politica e con la mia militanza. I documenti sono stati poi elaborati in un tempo determinato che ha occupato gli anni 1971 e 1972 nei quali ho lavorato unicamente sullo stesso soggetto. Si è trattato di un momento di identificazione nel quale il tempo della realizzazione ha acquisito il ruolo di protagonista, lasciando scorrere i giorni, dipingendo ossessivamente lo stesso soggetto per registrare le fasi del racconto della vita di Lenin.
Si trattava del tentativo di vivere in modo poetico l’esperienza della pittura. Non a caso la mostra aveva come titolo Autobiografia, mia, non di Lenin. Lenin, convitato di pietra, diviene una figura nello stesso tempo lirica e provocatoria. La provocazione è esasperata dal tempo. Una fotografia scattata in un tempo lunghissimo (due anni, il tempo che ho utilizzato per dipingere un unico soggetto). Un Lenin lontano che generava allarme al suo solo apparire in un contesto –il mondo e il sistema dell’arte– non abituato a questa tipologia di immagini e di soggetti. L’esattezza della realizzazione produceva una sensazione vera e tattile, assegnando al fantasma di Lenin una segreta violenza ideologica.
I modelli sono quelli della pubblicistica politica o in alcuni casi le stesse opere del Realismo socialista che a loro volta avevano utilizzato una documentazione agiografica. Ho definito questi lavori, appartenenti a un preciso periodo anche di ricerca formale, come “concettuale caldo”, una forma concettuale che tentava di superare il modello voyeuristico per recuperare la prassi all’interno dell’impostazione teorica.
Ogni atto della progettualità artistica, della programmazione del nuovo, cerca una sempre nuova significazione del mondo, ogni passo dentro alle materie e al farsi opera implica decisioni e scelte che sono indubbiamente artistiche, in quanto hanno e non possono non avere coerenze significative, implicano sistemi di scelte e di decisioni della persona, del gruppo, del movimento conflittuale di tutta la prassi sociale. Per questo ogni scelta della persona non cessa mai, sul piano artistico, di essere una scelta etica per il gruppo o contro il gruppo, per l’uomo o contro l’uomo. Tale scelta etica è anche sempre scelta storica per chi sceglie o per chi non sceglie e viene scelto. E poiché la scelta artistica è sempre scelta di segni, di figure, messa in opera di significati, in tale messa in opera non si può mentire, perché ogni decisione, ogni scelta, negativa o positiva che sia, avviene, oltre che dentro se stesso, anche e soprattutto all’interno dell’opera.